di Angelo Chiodo

Quando nel 1979 fece la sua comparsa, Nosferatu – il principe della notte di Herzog, il pubblico si legò profondamente all’immagine (giustamente) spettrale del Conte Orlok: magrissimo, bianco, totalmente glabro, con profonde occhiaie rosse e dita lunghe e affusolate come lame di coltello, vestito di un elegante abito ottocentesco cupo come la germania nella quale era ambientato.


Immagine del Conte che rispettava perfettamente i canoni classici residuati dal 1922 con il celebre Nosferatu di F. W. Murnau creatore del personaggio per una diatriba sul diritto d’autore del Romanzo del 1897 Dracula di Bram Stoker (con buona pace di John Polidori, il primo a creare il vampiro e a lanciarlo nel mondo nel 1819). Con Nosferatu, anno 2024, lo spirito perdura ma le ambientazioni di Robert Eggers danno una porzione di silente disperazione aggiuntiva.


Le immagini cupe del castello si fondono con la steppa innevata e con panorami ai limiti dell’onirico, ove peraltro si muove la pellicola in più e più occasioni mostrando gli incubi sia di Thomas che di Ellen, i due protagonisti della storia.
Nicholas Hoult ci presenta un avvocato Thomas estremamente vero e sofferente, spaventato ma attento alla famiglia e alla moglie, desideroso di fare carriera per garantire uno stile di vita più che adeguato alla moglie (come biasimarlo).


Ellen è stupenda; è Lily Rose Depp, che in preda a stati allucinogeni e sofferenti manie depressivo-compulsive riesce a far eccitare lo spettatore al limite tra l’esorcista e le pulsioni erotiche di Linda Blair senza però la seccatura della pelle squarciata e delle piaghe e vomito.
“Sta arrivando! Sta arrivando”, è il mantra che viene ripetuto più e più volte da pazienti degli ospedali psichiatrici, uno dei quali è il capo stesso di Thomas in una versione tedesca di Renfield nel classico di Bram Stoker.
Qui si comprende meglio che il Conte ha una presa decisa sull’intelletto e sull’incoscio e sull’anima stessa delle persone con le quali entra in contatto.
Si infila nella mente di Lily Rose Depp ossessionandola come un amante focoso dopo una notte di passione generando in lei scompensi emotivi violentissimi che sfociano nella schizofrenia.

Il Conte Orlok è la grande novità della pellicola, interpretato dall’IT di Bill Skarsgaard.
A grande distanza dai personaggi del 1922 e del 1979 (praticamente identici fra loro e, nota di colore, raffigurato in maniera identica ne L’Ombra del vampiro del 2000 dove Nosferatu è interpretato da Willem Dafoe, presente a sua volta nella pellicola di Eggers nel ruolo di un fricchettone Deutsche Van Helsing) qui è raffigurato come più reale (nel senso duale del termine) e meno mostro.
Indossa un mantello da sovrano peraltro risentendosi moltissimo quando Nicholas Hoult gli rivolge un cortese “Sì signore”, intimandogli:”. Vostra grazia. Lei si rivolgerà a me con il rispetto che il mio sangue merita” ed ha l’aspetto però quale sia di aristocratico ma anche di tremendo Cosacco con tanto di baffi, novità assoluta, e cappello di pelle da far ingelosire Nikolaj Gogol, strizzando l’occhio a Taras Bul’ba.


Se non fosse per un elemento di innovazione nella percezione del sangue che viene inghiottito dal vampiro mentre succhia (di solito il cinema si concentra più sul morso che sul succhiare) non sapremmo nemmeno di guardare un film sui vampiri ma semplicemente vedremmo che un aristocratico di notevole ricchezza ogni tanto ha il vizio di trasformarsi nell’orrore puro.

Poco vampiro più essere mostroso ma più ancora ricco proprietario terriero.


Esso viene quindi mostrato più reale nella sua sinistra presenza, tale da mettere a bada i lupi, ed emette terrore al solo parlarne tanto è che gli stessi zingari presso i quali Thomas si rifugia prima di raggiungere il castello del Conte se ne tengono alla larga.


Gli elementi di novità sono innumerevoli, probabilmente troppi jump scare onirici (e non).
Sperando in un cinema horror che viri più verso il genere e si accontenti di spaventare non con questi mezzi ma creandopiù angoscia (vedasi IT, 1990, eletto come programma più spaventoso mandato in onda nella televisione americana),Nosferatu rimane un prodotto lento, come giustamente deve essere un film che mira a raccontare un personaggio che ha circa 600 anni di vita e che giustamente non ne può più nemmeno lui (e peratro appare pochissimo sullo schermo).


Ma Eggers è molto di più, è cupidigia, fotografia essenziale, campi lunghi e luce che squarcia il buio oltre la steppa nei meandri delle segrete del castello del Conte, un vero Castello del quale sembra di percepirne addirittura l’odore e la desolazione.
Si suggerisce di guardarlo senza pop corn e bevande all’orlo del bicchiere in mano (non resisterebbero ai jump scare), di calmare i bollenti spiriti quando Lily Rose Depp è in preda all’euforia (“State buoni”, cit.) e di inchinarsi al vampiro quando ripreso sullo schermo.


Ah a proposito, non chiamatelo Vampiro o signore ma “Vostra Grazia”!