di Angelo Chiodo

Preso dalla consapevole colpevolezza di aver mancato alcune pietre miliari del cinema considerate must see, cerco di pagare il mio debito in serate di Covid-19 at home e sfrutto le potenzialità delle piattaforme digitali per concedermi un “silenzioso” 2001: Odissea nello spazio. Premettendo che è pressoché impossibile dare un giudizio personale ad un film del genere, credo che non si possa semplicemente dire: film bello o brutto, mi è piaciuto o non mi è piaciuto, lo riguarderei o non lo riguarderei ma penso che sia necessario farsi un altro tipo di domanda e cioè “COSA MI HA LASCIATO QUESTO FILM?”; e qui la faccenda si complica. SPOILER ALERT!!!
Forse uno dei film con meno dialoghi dall’avvento del sonoro nel cinema e va sottolineato che la qualità degli effetti speciali è ben oltre la capacità portata da George Lucas con la saga di Star Wars (nonostante quest’ultimo sia stato diretto quasi 10 dopo), ma oltre che un film ambientato nello spazio, 2001: Odissea nello spazio, è una metafora dell’evoluzione umana, un film sugli orizzonti che potremmo raggiungere e su un possibile (e ci si chiede se lo sia davvero) scenario di concepimento di una nuova razza. Partiamo come esseri a 4 zampe e terminiamo, nel film, come super esseri e la tecnologia che rappresenta il male (Frederick Brown, La Risposta, 1954) in realtà è involontario slancio verso un modo alternativo.

Perché andare nello spazio? Perché cercare di arrivare oltre i propri confini? In realtà il film non ci dice questo ma passa da un periodo ben prima dell’età della pietra e dagli ominidi fino a metà tra l’Homo Abilis e l’Homo Erectus e poi compie un balzo fino all’Homo Sapiens Sapiens quale tecnico e professionista nel settore Aerospaziale. Non un cenno storico sul come si sia arrivati a questo slancio tecnologico ma solo un elemento in comune alle sezioni di cui il film è composto: il Monolite, presente quando eravamo ominidi, presente quando eravamo esseri sapienti su un nuovo pianeta e presente, nelle battute finali di un’esistenza che sta per avere esito ma che rinasce improvvisamente.
E’ qui che il film compie una svolta inaspettata, negli ultimi 10 minuti cambia tutto e il film non è più sullo spazio ma su qualcos’altro difficile da etichettare e lascia lo spettatore in balia dei propri pensieri ma, soprattutto, dei propri dubbi dettati anche dal fatto che da circa 40 minuti di pellicola che non si ode una sola parola.
Il nuovo “essere umano” però è aperto al mondo e osserva, dall’alto della sua cupola di energia, il mondo; con tutta l’innocenza di un neonato indifeso ma, allo stesso tempo, con tutta la curiosità di chi sta iniziando la propria avventura. Non è un’avventura convenzionale, non si sa nemmeno se l’essere sia portatore di un bagaglio di conoscenze pregresse dalla sua antica vita. Non si sa… ma è la più bella forma di vita che si possa vedere.

HAL 9000

HAL-9000 non è niente a confronto, è sornione e, nonostante sia un computer pensante (o per meglio dire un’intelligenza artificiale), non è neanche lontanamente possibile paragonarlo alla bellezza di una nuova vita. L’uomo è un passo avanti. Ma l’uomo è anche essere debole che nulla può a confronto con l’infinito di un viaggio a velocità folle (probabilmente un viaggio interstellare).

Pronunciamo il suo nome solo una volta: “Kubrick”…. Questo non è un compendio dei suoi successi e delle sue trovate!

È solo (si fa per dire…) un viaggio alla scoperta di una nuova forma di vita!

Mi è piaciuto? TANTISSIMO

Lo riguarderei? L’HO VISTO 2 VOLTE IN POCHI GIORNI

Cosa mi ha lasciato questo film? LA CONSAPEVOLEZZA CHE SIAMO ESSERI INFINITESIMALI E CHE SIAMO DESTINATI A CAMBIARE… PER SEMPRE…. E IN MODI DEL TUTTO INASPETTATI